Design sartoriale

DAL CONCETTO, AL PROGETTO, ALL’OGGETTO

proposta di collaborazione rivolta ad architetti e designers

Parafrasando Fontana non sono pittore, ne scultore, ne progettista e forse nemmeno artista; sono il “tessitore di pietre”, creatore di forme, inventore di equilibri.

Le mie forme nascono, tramite incisione pneumatica, sulla pietra; nella fattispecie il granito nero assoluto, che viene estratto in Africa, e il basalto scuro che, invece, è proprio della mia terra: la Sardegna.

Nel mio lavoro è imprescindibile il rapporto “intimo” col materiale, che è struttura stessa del pianeta che abitiamo.

I miei lavori hanno molte forme, perchè ognuna ha una storia da raccontare, perchè sono un eclettico; quello che hanno in comune è la ricerca di equilibrio, di stabilità.

Più che quello che sono, penso che le mie opere trasmettano ciò di cui ho bisogno per me stesso; in loro esiste la ricerca di ordine, l’allenamento alla pazienza, l’impegno e il rispetto verso le forme create con rigorosa imperfezione. Tutte cose che non mi appartengono e di cui necessito. La vita è una bilancia e il mio lavoro è il contrappeso che mi permette di stare in equilibrio.

Per creare un’opera e darle una forma ho la necessità di dover raccontare qualcosa; le mie forme nascono da un bisogno di comunicazione, da una continua ricerca umanistica e dalla costante analisi delle cose che mi circondano.

Così hanno origine le mie opere, che considero archetipi, prototipi su cui lavorare per sviluppare varie altre soluzioni.

Munari sosteneva che l’arte “sarebbe dovuta diventare un servizio come il design” e Ponti già negli anni cinquanta parlava di un “asfittico sistema dell’arte, costituito da un collezionismo poco sviluppato, gestito dalle solite gallerie d’arte e dal rigido e tumultuoso sistema delle esposizioni”.

Da allora poco è cambiato a mio parere. Si sono evolute le tecniche e i metodi di lavorazione, le forme si sono modellate all’avanzare dei tempi così come gli abiti e le pettinature, ma l’arte e il design sono rimasti due rami della creativitò che continuano a viaggiare su due binari paralleli. Il design resta vincolato alla funzionalità, mentre l’arte al concetto; e ciò che ne risente spesso è l’estetica.

Non trovo sbagliato che questi due settori restino differenti perchè credo che diventare un designer piuttosto che un artista, o viceversa, dipenda dal modo in cui ci approcciamo alla creatività. I ruoli restano differenti perchè differenti sono gli obiettivi; non dico che un designer non possa dipingere un quadro o che un artista non possa progettare una lampada se sono in grado di farlo, ma nel momento in cui questo accade l’esecutore si troverà o ad uscire dal suo ruolo primario o ad essere sopraffatto da esso.

Io cerco una soluzione che non sia design artistico né, tantomeno, sia arte applicata.

Il chiarimento di questa complicazione lo vedo nella collaborazione tra l’artista e il designer, dove ognuno conserva il suo ruolo e insieme trovano il compromesso ideale.

Nei miei lavori prende vita un campionario di forme e soluzioni estetiche che può, e vuole, essere riutilizzato in diversi contesti. Sono equilibri che possono muoversi e mutare per creare altra bellezza e slegarsi dal concetto da cui sono nati.

Vedo nel mio lavoro l’esigenza di doversi riqualificare in altri contesti e in altre forme, ad asempio nell’interpretazione di strutture o nella creazione di elementi che siano funzionali; o, ancora, nella produzione di serie di opere “figlie” dell’archetipo per la risoluzione estetica di uno spazio, che sia questo abitativo, lavorativo o commerciale.

Ciò che si può trovare nel mio studio è il lavoro di un artista; una moltitudine di opere incise su pietra nera, una serie di racconti espressi da forme astratte, una quantità di concetti raccontati in forma visiva, prodotti in una cifra stilistica che mi contraddistingue.

In tutto questo è nascosta l’opera perfetta per ogni avventore, quella giusta per ogni ambiente e pertinente a quel determinato progetto; solo che non è ancora stata creata.

Nella mia idea l’artista deve lavorare in sinergia col designer già dal progetto, per creare la soluzione ideale, che risponderà a esigenze di numero di opere, dimensioni, budget e altri elementi di cui si dovrà tener conto.

Da artista mi voglio sentire libero di creare, ma da professionista sento di dover essere in grado di controllare e gestire il mio lavoro; devo essere capace di manipolarlo.

Ciò che faccio cerca di essere arte, artigianato e design nello stesso momento; cerco quindi la collaborazione di figure che si rivelano complementari per riuscire in questo mio intento.

Quella dell’artista è la ricerca di una bellezza concettuale, quella che cerco io è una bellezza assoluta, che nasce da concetti ma possa non dipendere da questi e riesca ad aprirsi ad una visione più ampia.

Andrea Milia